Quando l’allattamento salva…la mamma

 

L’importanza dell’allattamento al seno per il neonato è indubbia e ormai si sa da parecchio quali siano i benefici: ha la composizione perfetta di nutrienti, non è mai la “solita minestra” perché cambia qualitativamente ad ogni poppata a seconda delle esigenze del bambino, è altamente digeribile, subito pronto e alla giusta temperatura, ha i fattori di crescita specifici per il cucciolo umano (ogni mammifero ha i propri fattori di crescita) e quindi per farlo crescere al meglio, aiuta a sviluppare il sistema immunitario e quello nervoso, è anti-stitichezza, contiene delle sostanze che riducono il rischio di allergie alimentari durante lo svezzamento, riduce il rischio di obesità, diabete, ipertensione e leucemia infantile, promuove lo sviluppo cognitivo del bambino.

Per la mamma ci sono dei benefici? Diminuisce il rischio di emorragia e la perdita ematica post partum perché stimola l’utero a contrarsi maggiormente, la mamma brucia le riserve energetiche acquisite in gravidanza infatti si consumano circa 500kcal al giorno per produrre il latte (alla faccia della palestra!), riduce il rischio di diabete di tipo 2, tumore al seno e alle ovaie, di osteoporosi in menopausa, è comodo (ad es. alla notte non ci si deve alzare e preparare il biberon, né uscire di casa con tutti gli “attrezzi”), è ecologico e gratis (che non è poco!), riduce il rischio di soffrire di depressione post partum e favorisce il bonding con il bambino.

Tutti questi benefici sono certamente importanti sia per il neonato sia per la mamma, ma è proprio quest’ultima che a volte si “salva” grazie all’allattamento. Durante la gravidanza spesso ci si fa un’idea sul parto e su come si vorrebbe che andasse (ad es. travaglio in acqua, niente episiotomia, abbracciare subito il neonato, ecc), ma spesso poi non accade effettivamente quello che si avrebbe voluto (o non voluto). Magari il travaglio è stato indotto farmacologicamente, magari si è state costrette a stare in posizioni scomode per via del monitoraggio continuo o della flebo, magari si ha subito la Kristeller (pressione esercitata sul fondo uterino con l’avambraccio), l’episiotomia, è stata usata la ventosa, il cordone è stato tagliato subito, magari è venuto il mal di testa post epidurale oppure si è fatto un taglio cesareo d’urgenza.

Questi imprevisti, proprio perché non previsti e non voluti, possono essere molto traumatici per la donna, sia fisicamente sia psicologicamente: ci si può sentire stravolte, tutte “rotte”, ferite, doloranti (non solo fisicamente), aperte e vulnerabili, deluse, tristi, in colpa, sconfitte, arrabbiate, vuote, non in grado di accudire adeguatamente il nostro bambino.

È un momento molto critico il post parto, in qualche modo si deve rielaborare quello che è successo, rimettere insieme tutti i pezzi, ricomporsi nel fisico, nel cuore e nella mente dal trauma subito. Riconoscere ciò che c’è stato aiuta la mamma a capire, a superare in qualche modo gli eventi e ripartire da lì, si mette un punto fermo e da quello si riparte, si risorge.

Il punto fermo sono gli occhi del bambino. Il parto è l’espressione della forza femminile all’ennesima potenza ma la Natura sa che per la donna rappresenta anche la massima fatica, la più grande sfida che affronta nella sua vita, per questo ha fatto sì che il bambino nasca con gli occhi spalancati e le pupille dilatate.

Gli occhi sgranati del bambino servono per vedere bene la mamma, per catturare e imprimere indelebilmente dentro di sé quell’immagine che per lui è uno stimolo alla vita, al primo respiro. I neonati nei primi giorni di vita hanno una visione nitida a 20/25 cm circa di distanza (di più non servirebbe, anzi!) e guarda caso è la distanza tra mamma e figlio quando lei lo ha tra le sue braccia e gli offre il seno.

Le pupille dilatate del neonato servono a far innamorare la mamma, lei è come ipnotizzata da questi occhioni, non può smettere di guardarli e più guarda il suo bambino più lo ama e lo desidera tenere stretto a sé. Il piccolo sa che senza mamma non si può vivere, lui dipende completamente da lei, quindi l’istinto gli dice che deve riuscire a farla innamorare di sé, così sicuramente lo accudirà e avrà anche il latte per farlo crescere. L’amore materno è ancor più essenziale del latte, è il nutrimento che arriva più in profondità, placa la sete emotiva/affettiva del bambino: senza latte si può anche stare (per un po’), ma senza l’amore della mamma ci si può lasciar morire.

Sono stati fatti degli esperimenti a riguardo con dei cuccioli di scimmia: al piccolo veniva messa a disposizione una mamma scheletrica di metallo con il latte e una pelosona/morbidosa ma senza cibo, ebbene lui sceglieva la mamma morbida e calda, perché lì sentiva amore.

Se la mamma si lascia catturare dagli occhi del bambino si gettano le basi per la creazione di un solido legame mamma-figlio che nessuna distanza di tempo/spazio potrà mai cancellare, l’amore che la mamma ha per suo figlio supera di gran lunga il sentimento più forte che ci può essere tra due persone, perché lui è parte di te, è vissuto in te per tanti mesi e poi gli hai dato la vita.

L’amore del partner può finire o diminuire (infatti lo si può sostituire), l’amore per il proprio figlio è eterno, irripetibile, totalizzante.

Quando una mamma allatta il suo piccolo, si abbandona totalmente a questo amore, esistono soltanto loro, vivono in simbiosi come durante la gravidanza e dentro a questa loro “bolla” la mamma può lei stessa nutrirsi dell’amore che ha per il suo bambino per salvarsi, per non lasciarsi annegare nei brutti ricordi, nei traumi vissuti o nelle difficoltà del momento.

allattamento al seno fbL’allattamento può rappresentare il riscatto dagli imprevisti del parto, un efficace medicamento per la mente e il cuore che hanno subito un duro colpo, è un rifugio e tutto quello che non è necessario rimane fuori, è un momento di sano egoismo, perché tutti sappiamo che l’allattamento è un periodo di tempo finito, quindi non c’è nulla di male se la mamma vuole avere il piccolo un po’ soltanto per sé. Allattare è un momento di intimità fisica profonda, che non deve però spaventare la mamma, perché è la naturale continuazione di ciò che è avvenuto durante la gravidanza: attraverso la placenta (una cosa tonda, morbida e calda) arrivava il nutrimento per il feto e ora invece attraverso il seno (una cosa tonda, morbida e calda) arriva il latte al neonato.

Durante la poppata la mamma si rilassa, il suo corpo libera endorfine, può perdere la cognizione del tempo, il cervello razionale si riposa e lei magari si assopisce e si addormenta insieme al suo bambino. Non è un caso se gli ormoni dell’allattamento sono la prolattina e l’ossitocina: la prima stimola il seno a produrre latte, ma è anche responsabile dei comportamenti di accudimento verso la prole, la seconda consente la fuoriuscita del latte dal seno, ma è anche l’ormone dell’amore.

Quindi si capisce perfettamente che allattare non è soltanto “dare il latte”, ma è molto di più, sia per la mamma sia per il neonato. Con l’allattamento la mamma ha anche tante soddisfazioni e gratificazioni, perché il suo bambino cresce sano e forte e quando il mondo circostante se ne accorge e lo riconosce (parenti, pediatra, ecc) il suo cuore si riempie di gioia e fa le capriole, è come se avesse la prova tangibile di tutto il suo impegno.

Il mondo al di fuori della bolla deve soltanto aiutare la mamma ad aiutarsi, ad allattare, a dare cibo e amore, ad abbandonarsi agli occhioni del suo bambino senza pensare a nient’altro.