La nascita di Abha – il racconto di un parto in casa

 

Nulla avviene per caso.
La vita ti prepara in qualche modo, tempra i caratteri.
All’epoca non ne compresi la ragione…
Ad un certo punto della mia vita sentii la necessità di approfondire certi aspetti sulla cultura della nascita.
Il bello di essere una primipara di trentasette anni, primipara “attempata” per l’ospedale, è che impari a conoscere le tue specificità e vai alla ricerca di cosa sia meglio per te.
Desideravo rispetto.
Il parto in casa si configurava così come la sola scelta possibile, per me!
Avevo “solo” bisogno di trovare un’ostetrica libera professionista che potesse accompagnarmi in questo viaggio.
Un’ostetrica libera di scegliere.
Conobbi Laura grazie alla rete.
La contattai e fissammo un appuntamento.
Dalla rete avevo ben chiare alcune caratteristiche che avrei trovato: giovane donna, laureata da pochi anni appartenente, dunque, ad una nuova generazione di professioniste.
Perfetta!
Un’esperienza trentennale di lavoro non era mai stato, per me, un parametro sufficiente di ricerca, anzi lo ritenevo talvolta riduttivo!
Al nostro primo appuntamento colsi immediatamente la sua grande preparazione e la sua grande passione.
La mia richiesta fu precisa: parto in casa, parto Lotus.
Mi guardò.
Rispose di sì.
Era la persona giusta.
A cadenza mensile, da quel momento della di gravidanza, i nostri incontri continuarono.
Sono sempre più sorpresa della modalità e della durata delle sue visite.
Solo successivamente avrò modo di confrontarle con altri professionisti…
Con lei la donna è “al centro”.
Anche Abha e Laura iniziano a conoscersi.
Abha comincia a fare esperienza del tocco delle sue mani, quelle stesse mani che per prima l’avrebbero toccata e che avrebbero lasciato un ricordo indelebile nella sua pelle.
Perché la pelle ha memoria!
E poi c’era Marco.
Anche la sua pelle doveva percepire!
Desideravo che anche lui avesse emozioni, “pelle d’oca”.
Il nostro punto di forza fu il fatto che si trattava di una scelta condivisa, per entrambe le modalità. La scelta di partecipare insieme al corso preparto fu un valore aggiunto.
Laura apriva le porte ai papà, non soltanto come mera presenza fisica, che già non era poco, ma li informava, li preparava, ascoltava le loro emozioni, i loro dubbi, le loro paure.
Lavorava con la coppia.
Per la coppia.
E Marco apprezzò molto.
Il parto in casa prevede la presenza di due ostetriche, dunque, negli incontri successivi conoscemmo anche Eleonora, l’altra ostetrica che ci avrebbe accompagnato in quest’avventura.
Percepii subito la sua grande dolcezza.
E poi la sua trasparenza, la sua solarità.
Anche Abha cominciò a fare esperienza della sua voce, delle sue mani.
Ed io sorridevo perché in altri contesti, con altre persone, rimaneva immobile.

Si delineava già il suo carattere…
Le ultime visite prima del parto furono a domicilio.
Laura ed Eleonora dovevano famigliarizzare con l’ambiente nel quale avrebbero svolto il loro operato.
E questo era l’aspetto pratico.
Poi poesia…
Ci fu un regalo per Marco, un momento di magia.
Aveva già ascoltato il battito di Abha in occasione di visite precedenti, in altri contesti, ma non attraverso questo splendido strumento di lavoro.
Si trattava di un stetoscopio ostetrico in legno, tra l’altro il legno è la sua passione!
Fummo avvolti da un’atmosfera particolare.
La data presunta del parto era prevista per i primi di giugno.
Mi sentivo tranquilla.
Laura ed Eleonora incominciarono a parlarmi del dolore del parto.
Non ero preoccupata al riguardo.
Ho sempre pensato al dolore come parte integrante della vita di una persona.
Chi più, chi meno conosce il dolore nella propria vita…
Nel parto il valore aggiunto era che sarebbe stato l’unico dolore in grado di darmi una ricompensa. Che meraviglia!
Il mio corpo incominciava ad inviarmi segnali.
Fu tutto molto graduale, molto naturale.
Venerdì notte.
La passai insonne, non riuscii più a stare coricata.
Ma la sapienza del corpo è infinita così nel pomeriggio del giorno successivo mi appisolai per recuperare il sonno perduto.
Non fu, però, un semplice riposino.
Dormii molte molte ore.
Capii che il mio corpo si stava ricaricando perché a breve avrebbe affrontato un “lavoro” intenso. Mi sentivo serena.
Quando scegli di essere accompagnata per un parto in casa è come quando scegli un partner per fare l’amore…
Scegli qualcuno di cui ti possa fidare. qualcuno che ti metta nella condizione di aprirti completamente.
Tutto è pronto.
Poche cose materiali, l’essenziale.
Qualche cuscino, che avrebbe protetto le mie ginocchia in caso di posizione accovacciata, teli per me ed Abha ed una stufetta per mantenere calda la camera da letto. Il bagnetto della nostra camera era il luogo che avevo scelto per il mio travaglio.
Un’intima stanza illuminata solo da due piccole candele.
Ormai era giunta sera.
Un sabato sera particolare.
Incominciarono le contrazioni, via via sempre più intense.
Ero pronta.
Corpo, mente e cuore.
Poche parole per Abha, chiuse in una busta, che leggerà solo tra qualche anno, e mi diressi verso il bagno.
Tranquillizzai Marco.
C’era un’atmosfera sacra in quel piccolo bagno, non avrei mai rinunciato alle candele…
Come se le candele aiutassero a “servire con rispetto l’invisibile”…
Quelle stesse candele che accenderò con rispetto ogni quindici di ottobre ma non solo…
Marco sentiva la mia voce che via via si trasformava e mi chiese se volevo chiamare Eleonora. Eravamo nel cuore della notte.

Erano le 3.30 circa.
Sapendo di essere una primipara, dunque, un parto piuttosto lungo, volevo aspettare un po’ di più. Ma le contrazioni erano sempre più intense dunque decidemmo di chiamare, come da accordi, Eleonora.
Parlai pochi minuti con lei perché una forte contrazione non mi permise di continuare la conversazione.
Stavo perdendo lucidità.
Fu velocissima.
Subito dopo Laura.
In punta di piedi, sottovoce.
Entrambe.
La libertà di movimento fu la mia grande, grandissima alleata.
Ero accovacciata, le mani di Laura sulla mia schiena.
Calore fisico ed emotivo.
Ricordo il piacere intenso durante le pause delle contrazioni…
Ma sopratutto i vocalizzi di Laura ed Eleonora che mi sostenevano durante il dolore.
Suoni melodici, delicati.
E voci empatiche.
Entrai nella doccia.
L’acqua calda che scorreva lungo la schiena alleviava un po’ il mio dolore.
Era un’altra cosa alla quale non avrei potuto rinunciare!
L’acqua.
Il mio elemento.
Le prime luci del mattino illuminavano ormai la stanza.
Verso le 8.00 ci spostammo in camera da letto per una visita interna per capire a che punto di dilatazione fossi arrivata.
Eleonora incominciò per prima.
Ricorderò per sempre l’estrema delicatezza con la quale mi toccò.
In quel momento di enorme tensione, dopo ore ed ore di contrazioni, le sue dita si muovevano come petali sfiorati da un vento leggerissimo.
Una sorta di piacere.
Sarebbe poi toccato a Laura se non fosse che un’improvvisa, fortissima contrazione interruppe la sua visita.
Ed ecco poco dopo, nello stupore di Eleonora e Laura, la testolina di Abha.
Sentii un forte bruciore.
Poi un’altra forte contrazione.
Due parole soltanto “non spingere”.
“Non spingere”.
Avevo sempre sentito altro.
Ed eccola.
Ore 9:33.
Seconda fase del travaglio velocissima.
Cinque centimetri di dilatazione in poco più di un’ora e mezza!
Nessuna lacerazione.
Solo una piccola abrasione dovuta alla manina di Abha appoggiata sulla sua testolina.
Il suo ingresso in questo mondo…
Marco aveva preparato con tanto amore e tanta cura la vasca per il parto perché avevamo scelto un parto in acqua ma come accade spesso nella vita a volte ci sono disegni diversi.
Ci fu un momento durante il travaglio che parlai con Abha.
Le dissi che avevo voglia di vederla, di abbracciarla.
Lei mi ascoltò.
Laura ed Eleonora avvolsero la piccola nei teli che avevamo preparato per l’occorrenza.

La porsero a Marco .
Subito dopo a me.
Niente procedure assistenziali invasive.
Solo grande rispetto.
Per il mio corpo.
Per il suo corpo.
Ma il duplice miracolo della creazione non era ancora concluso.
Mi porsero Abha.
Trovò subito il seno.
Attraverso la suzione partecipò attivamente alla nascita della sua placenta.
Dopo circa mezz’ora il parto era concluso.
Non piansi alla nascita di mia figlia.
Mi sorprese conoscendomi…
Non mi sembrava vero che lei fosse li’.
Accanto a me.
A noi.
La nostra Abha.
E la sua placenta.
La nascita lotus ci avrebbe permesso di vivere il nostro “ spazio sacro”.
La preziosa placenta rimase collegata ad Abha fino al distacco spontaneo avvenuto tre giorni dopo . Con la supervisione di Eleonora e Laura è stata trasformata per essere utilizzata come rimedio placentare.
Le membrane e il cordone ombelicale, parte dell’angelo custode della placenta di Abha, sono custodite nel nostro giardino e proteggono la nostra casa.
Nessun rifiuto.
L’esperienza si è rivelata estatica.
Abha in sanscrito, l’antica lingua dell’India, significa “luce”.
Mi sono chiesta spesso se sia stata lei ad indicarmi la strada, a prepararmi ad accoglierla…
I bambini a volte ci indicano la strada…
Oggi esistono molti pregiudizi se decidi di percorrere una strada diversa.
Alcuni sostengono che esistono pregiudizi ogni qualvolta si ha paura di una trasformazione.
Credo sia vero.
Se decidi di percorrere una “via alternativa” non è così scontato che la tua scelta venga rispettata. Dalla classe medica, talvolta anche dai famigliari.
Ma la ricchezza risiede nella diversità.
Se la si guarda con occhi nuovi…
Che si tratti di un parto medicalizzato o senza interventi entrambe le scelte devono essere rispettate. Noi volevamo un tocco delicato.
Abbiamo deciso di regalarcelo.
E nel farlo abbiamo compreso solo dopo averlo vissuto che portata avesse quel regalo.
La cura dell’assistenza.
Il miglior investimento.